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Carni, quale tipo?

La carne di un mammifero adulto è costituita da circa il 75% di acqua, il 19% di proteine, 2,5% di grasso intramuscolare, 1,2% di carboidrati e 2,3% di sostanze solubili non proteiche.

 

La qualità della carne.

 

Colore.

Le carni di un esemplare maschile presentano un colore più vivido rispetto ad un esemplare femminile, mentre le carni di un esemplare adulto sono più scure rispetto a quelle di uno giovane. Il colore delle carni è inoltre influenzato dal tipo di alimentazione sostenuta dall’ animale.

Odore.

Le carni fresche presentano in genere odore non forte, simile a quello dell'acido lattico, e nel quale si avvertono le sfumature dovute all'alimentazione. Tuttavia, alcune specie presentano aromi più forti: ad esempio, la carne di capra ha odore muschiato; quella di selvaggina, un caratteristico odore di selvatico. Un odore stantio denota la carne conservata troppo a lungo. L'odore putrido indica i processi di deterioramento delle proteine; l'odore rancido è dovuto alla degradazione dei grassi.

Consistenza.

 I muscoli degli individui giovani presentano consistenza minore di quelli degli adulti. Anche il grasso contribuisce a determinare questa caratteristica. Negli animali adulti, come il bue, il maiale, la capra, il cavallo, la carne si presenta quindi soda, mentre in quelli più giovani tenera

Finezza.

Tagliando la carne trasversalmente si può osservare l'aspetto dei fasci muscolari riuniti in lobuli dal tessuto connettivo (grana). Le carni di cavallo e di vitello, morbide e vellutate, vengono considerate "finissime"; quelle di manzo e vitellone fini; quelle di bue, ruvide e asciutte, grossolane.

Succosità.

è dovuta all'acqua liberata dalla carne durante la masticazione. Dipende dallo stato delle proteine muscolari, dal grado di acidità, dalla durata della frollatura, e dalla quantità di grasso.

Suddivisione per tipologia delle carni

carni rosse, le carni degli animali da macello adulti come bue, cavallo, montone e di alcuni volatili come faraona, oca, piccione e anatra;

carni bianche, quelle di pollo, tacchino, coniglio, quelle dei pesci e quelle degli animali giovani come agnello e capretto.

carni rosate, le carni di suino e vitello.

Controlli sanitari

L’autorità competente per il controllo sanitario delle carni è l’ ASL – servizio veterinario di igiene degli alimenti di origine animale che tramite i loro Medici Veterinari Dirigenti (l’unica professionalità che può emettere un giudizio ispettivo sulla sanità ed idoneità al consumo umano delle carni), dopo visite dell’ animale, sia prima che dopo la macellazione, applicano su ciascuna mezzena  il bollo sanitario identificativo dello stabilimento di macellazione, che attesta che la macellazione dell’animale e la successiva lavorazione delle carni è avvenuta sotto il controllo del veterinario ufficiale.

 

Etichettatura

Negli esercizi di vendita al dettaglio (macellerie e supermercati), in osservanza di norme comunitarie e nazionali, devono essere fornite le seguenti informazioni obbligatorie.

Per i tagli di carne non preconfezionati venduti sfusi al taglio, mediante un cartello esposto sul banco di vendita recante:

  • la denominazione di vendita (taglio di carne e specie animale);
  • le modalità di conservazione, ove necessario.

Per i tagli di carne preincartati nell'esercizio di vendita venduti a libero servizio], mediante un cartello esposto sul banco di vendita recante:

  • la denominazione di vendita (taglio di carne e specie animale);
  • le modalità di conservazione, ove necessario;
  • lotto di produzione e/o confezionamento;
  • data di scadenza.
  • Per la carne confezionata,  mediante un'etichetta recante:
  • marchio di identificazione (bollo sanitario) dello stabilimento che ha effettuato il sezionamento e il confezionamento;
  • ragione sociale e sede dello stabilimento;
  • denominazione commerciale: specie, categoria e taglio;
  • data di confezionamento;
  • lotto di produzione;
  • data di scadenza
  • modalità di conservazione, ove necessario;
  • peso netto.

Per le carni bovine esiste un sistema di "etichettatura di rintracciabilità", per cui devono essere riportate obbligatoriamente anche le seguenti informazioni aggiuntive.

Per i tagli di carne non preconfezionati venduti sfusi al taglio, mediante un cartello esposto sul banco di vendita recante:

codice di riferimento che rappresenta il nesso tra il taglio di carne al banco e l'animale o il gruppo di animali macellato

  • Paese di nascita
  • Paese o Paesi di ingrasso
  • Paese di macellazione e numero di riconoscimento dello stabilimento di macellazione
  • Paese di selezionamento delle carni e numero di riconoscimento del laboratorio.

Inoltre, il cartellino o le etichette per le carni esposte al pubblico devono recare il prezzo unitario per chilogrammo, la specie e lo stato fisico (fresche, congelate, scongelate).

 Le specie sono:

  • bovine: vitello o bovino adulto
  • bufaline
  • suine
  • ovine: agnello o ovino adulto
  • caprine: capretto o caprino adulto
  • avicunicole: pollo, coniglio e altri.

È previsto anche un "sistema facoltativo di etichettatura" per cui con le stesse modalità di cui sopra possono essere fornite altre informazioni riguardanti:

  1. l'età dell'animale, la data di macellazione e/o di preparazione delle carni, il periodo di frollatura
  2. l'azienda di nascita e/o di allevamento, le tecniche di allevamento, i metodi di ingrasso, le indicazioni relative all'alimentazione
  3. la razza o tipo genetico
  4. eventuali altre informazioni contenute nell'eventuale disciplinare approvato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.

L'etichettatura delle carni provenienti da un animale, nato, ingrassato e macellato in Italia può riportare l'indicazione "Carni di bovino nato, ingrassato e macellato in Italia" oppure la dizione "origine Italia". Se le confezioni di carni contengono pezzi provenienti da bovini diversi, l'etichettatura reca, oltre le informazioni obbligatorie, esclusivamente le indicazioni comuni a tutte le carni. Il cartellino o l'etichetta devono essere esposti al pubblico recando il prezzo unitario per chilogrammo, la specie e lo stato fisico della carne (fresca o congelata)

 

 

crostacei e molluschi

I Crostacei e i Molluschi sono animali marini.  I primi sono caratterizzati dal rivestimento rigido del corpo, mentre i molluschi hanno corpo molle, protetto da una conchiglia semplice  come nel caso della lumaca di mare, o già una conchiglia doppia  per ostriche cozze,  telline,  ecc… ,  i cefalopodi invece non hanno conchiglia.

 tra essi ricordiamo:

  • il polpo,  la seppia con corpo ovale schiacciato, fornito di tentacoli e conchiglia interna(l'osso di seppia)
  • Il totano con pinne triangolari riunite posteriormente di colore violaceo, indicato per umidi e fritture.
  • Il calamaro  con corpo a forma di sacco dal quale sporge la testa con bocca munita di mascelle cornee tentacoli,  anch'esso indicato per umidi e fritture .
  • L'Aragosta ha lunghe antenne e corazza rosso-violacea, chiazzata di bianco e giallo, le sue carni sono prelibate e gustose: si preferiscono gli esemplari più giovani, di peso interno ai 300 gr.
  • L'astice I più grosso crostaceo del Mediterraneo , ha corazza blu maculata che con lo cottura diventa rosso scarlatto.
  • Il gambero rosa (i comune gamberetto) e quello rosso, un po più grande, sono indicati per fritture.
  • Il gambero imperiale, o mazzancolla ha il corpo rosato simile al gambero,  lunghissime antenne e sfumature violacee. è indicato per cottura alla griglia.
  • Lo scampo che vive anche a notevoli profondità, si pesca prevalentemente in primavera-estate, il suo colore è rosato con sfumature rosso-arancio e la sua carne  molto pregiata, è migliore anche di quella del'aragosta: è indicato per cotture al forno, alla griglia e bollito.

 Tra i molluschi ricordiamo 

  • la cozza con conchiglia bivalve nera con interno violaceo. usata specialmente per salse e condimenti.
  • La  vongola nera o grigia, con conchiglia bivalve. indicata per salse.
  • L'ostrica con conchiglia bivalve. ricoperta di incrostazioni, molto prelibata. si mangia generalmente cruda.
  • La tellina di colore grigio olivastro, con conchiglia bivalve è molto gustosa.

 Crostaceli e molluschi possono però essere fonte di intossicazioni poiché assorbono le sostanze inquinanti presenti nelle acque, è dunque preferibile non cibarsene senza averli prima sottoposti ad una bollitura di almeno 15 minuti ricordarsi che l'aggiunta di limone non basta a sterilizzarli.

Sono comunque ricchi di sali minerali, soprattutto di iodio.

Il caffè: cialde o moka?

Una scelta intelligente: via libera a capsule e cialde

Perché scegliere le cialde anziché la moka? Un interrogativo che si sono posti in molti e a cui ci sono molteplici risposte.
La scelta del perché scegliere le cialde anziché la moka ha portato molti utenti a convertire il proprio orientamento verso le capsule e verso le macchine in comodato d’uso. Si, perché una delle ragione per cui si predilige l’utilizzo di cialde è proprio questo: la possibilità di avere la macchina in comodato d’uso e a costo zero. Quante volte ci siamo ritrovati a dover combattere con guarnizioni bruciate, manici praticamente disciolti dal calore dei fornelli e un caffè dal sapore non propriamente ottimale? Ecco, tutti questi inconvenienti vengono praticamente azzerati quando si va ad utilizzare una macchina con funzionamento a cialde.

Assistenza costante: un vantaggio irrinunciabile

Le macchine godono di un’assistenza costante e perpetrata nel tempo e la manutenzione che richiedono da parte dell’utilizzatore è veramente minima: ci si assicura che il livello dell’acqua sia idoneo, si svuota il cassettino contenente i filtri utilizzati ed il gioco è fatto! Il comodato d’uso, come dice la parola stessa, non prevede costi aggiuntivi; la macchina è compresa nel costo della fornitura di capsule. Un bel vantaggio, un gran bel risparmio.

Il risparmio: fa la differenza?

E proprio il risparmio è l’altro fondamentale aspetto che va a favore del perché scegliere le cialde anziché la moka. In casa, a lavoro, in ufficio, nella piccola e nella grande ristorazione, nel nostro punto vendita o nel nostro studio medico; ovunque è necessario destinare all’acquisto e alla gestione della pausa caffè una sostanziosa voce del bilancio. E se questa spesa non è regolamentata e ponderata, rischia di diventare un problema. Quindi, perché scegliere le cialde anziché la moka? Perché le economie senza dubbio ne gioveranno! In base alle proprie esigenze, si stabilisce da principio la fornitura della quale c’è necessità; le capsule arrivano direttamente al destinatario tramite corriere e la spesa che si sostiene è fissa e non varia nel corso del tempo.

Il mattino ha l’oro in bocca!

Ragionando in termini domestici, il perché scegliere le cialde anziché la moka assume un significato tutto orientato verso il comfort e la comodità. Quante volte, al mattino, abbiamo rinunciato al piacere di una tazzina fumante a causa del poco tempo a disposizione? Si sa, con i minuti contati il preparare la moka e attendere la bollitura è un lusso che non ci si può concedere! Con macchina e cialde a disposizione, invece, in pochi secondi il caffè è pronto e il rischio di doversi precipitare al bar per avere il nostro tonico mattutino è praticamente azzerato.

Caffè: mai più senza!

Serve ancora una ragione sul perché scegliere le cialde anziché la moka? In verità no, ma volendo aggiungere ancora una buona motivazione non si può non annoverare il grande vantaggio di non rimanere mai sprovvisti di caffè! Le capsule arrivano al destinatario con forniture regolari e programmate; una comodità che chi usa la moka non conosce, dovendo spesso ricorrere al buon cuore del vicino di casa per elemosinare un po’ di polvere macinata!
Cialde e capsule del caffè sono il futuro alla portata di tutti! Approfittarne è praticamente un dovere!  


Informazioni sull'Autore 

Daniele Severini www.okcialde.it 

Fonte: Article-Marketing.it

I prezzi del Brunello di Montalcino

I prezzi del Brunello di Montalcino

Come distinguere un vino di qualità da uno più scadente? Che cosa si intende esattamente per "vino di qualità"?
Il vino, tra le più celebri eccellenze dello stivale, è una bevanda gustosa e di gran carattere, immancabilmente presente sulle tavole di milioni di italiani.
Eccezion fatta per i gusti personali dei consumatori, che possono preferire il vino rosso a quello bianco, oppure un gusto più o meno marcato, la qualità di un vino dipende dalla sua capacità intrinseca di replicare in forma liquida il sapore e la fragranza del frutto da cui ha origine: l'uva.
 

 


Le caratteristiche di un vino di qualità sono dunque sostanzialmente tre:

 

  • la consistenza,
  • l'equilibrio
  • e l'integrità.

La consistenza del vino corrisponde alla quantità del suo estratto, ovvero della parte solida che resiste all'evaporazione di acqua ed alcool, mentre l'equilibrio è il grado di accordo raggiunto da zuccheri, sapidità ed acidità. L'integrità del vino infine è misurata tenendo conto dell'equilibrio tra il sapore dell'uva e quelli di sottofondo, che non devono prevaricare l'originale.

I più noti vini di qualità presenti sul mercato annoverano nomi come il Brunello di Montalcino 2007 Azienda Poggio di Sotto, il Passito di Pantelleria Ben Ryé 2010 Azienda Donnafugata, il Torgiano Rosso Rubesco Vigna Monticchio Riserva 2007 Azienda Lungarotti, il Barbaresco Camp Gros Martinenga 2008 Azienda Tenute Cisa Asinari dei Marchesi di Grésy, il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva Villa Bucci 2009 Azienda Bucci ed altri ancora.

I prezzi dei vini sopracitati ed in particolare i prezzi del Brunello di Montalcino partono da un minimo di 20 euro per arrivare fino a 50 euro. Diverso invece è il prezzo di acquisto del Brunello di Montalcino Riserva, che può arrivare fino a 200 euro a bottiglia.

Per una semplice degustazione, le enoteche propongono il Brunello di Montalcino a circa 7 euro a bicchiere.

Per un'ottima conservazione delle vostre bottiglie di Brunello di Montalcino, seguite questi semplici consigli: preferite una cantina fresca, a temperatura costante, buia, senza odori e, incredibile da pensare, senza rumori e mantenete le bottiglie coricate.

L'occasione per stappare una buona bottiglia di Brunello non mancherà, e per una perfetta degustazione, stappate in anticipo la bottiglia e fatele prendere aria: in questo modo il vino si ossigenerà e sprigionerà tutti i suoi profumi e i suoi aromi.


Informazioni sull'Autore

 Fiorica Gasparini 

Fonte: Article-Marketing.it

Il pesto alla genovese

Il pesto alla genovese ha un disciplinare tutto suo

Il pesto alla genovese è ormai tutelato da un rigido disciplinare, che ne regolamenta gli ingredienti (che devono essere basilico, aglio, olio extravergine di oliva, pinoli, Parmigiano Reggiano, Pecorino Sardo, sale marino e facoltativamente noci), la provenienza delle materie prime, il procedimento e i metodi di conservazione.

Non dobbiamo pensare che il mancato rispetto del disciplinare debba per forza produrre una salsa scadente o cattiva, ma rispettandolo saremo certi di avere sempre un pesto a regola d'arte, gustoso al punto giusto, anche se per le dosi occorre attenersi a una delle tante ricette poiché questo documento non disciplina anche le proporzioni tra le dosi.

Chi volesse cimentarsi nella preparazione di questa salsa dovrà armarsi di mortaio in marmo e pestello in legno, due arnesi semplici da trovare che vi garantiranno un risultato eccellente (non che il pesto con il frullatore o il minipimer non venga, ma solo quello nel mortaio garantisce lo sprigionarsi corretto delle molecole di olii essenziali del basilico di Prà, vero segreto della riuscita di questo condimento).

Il successo del pesto alla genovese è ormai planetario, tanto che si tratta della salsa fredda più venduta al mondo: molti ristoranti del capoluogo ligure hanno succursali in tutto il mondo affollate da clienti che vogliono provare questo condimento (un esempio su tutti? Zeffirino a Las Vegas, me ne esistono molti altri), la fama di questa preparazione culinaria ha in pratica varcato i confini nazionali, non sappiamo quanto e quando si espanderà ulteriormente, ma nel mondo occidentali la sua diffusione è stata davvero stupefacente nel corso degli ultimi decenni.

Una nota sul pesto pronto: non ci sembra il caso di essere così integralisti da dire che non vadano mai provati, il consiglio che possiamo darvi è tuttavia quello di selezionare attentamente ciò che acquistate, verificando che la lista degli ingredienti rispetti davvero il disciplinare di produzione, e che non vengano utilizzati ingredienti estranei (vedi gli anacardi o il prezzemolo) o di provenienza non convenzionale (ad esempio pinoli non dell'area mediterranea). 

La preparazione simbolo di Genova in tavola è dunque finalmente tutelata da un disciplinare di produzione serio e dettagliato, un sospiro di sollievo sia per i consumatori che per i produttori delle migliori materie prime, nonché la giusta ricompensa per il favore sempre crescente da parte degli appassionati di cucina italiani e non. 


Informazioni sull'Autore

Matteo Rinaldi

Fonte: Article-Marketing.it

Ortaggi, prodotti a Km 0

L'inverno non stimola particolarmente ad assumere come consigliato dall’ ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA' 400 grammi di verdura al giorno o forse siamo noi che spesso non sappiamo valorizzare adeguatamente questa miniera di buone caratteristiche nutrizionali, eppure cucinare in inverno le verdure non è poi difficile come sembra, anzi, un buon minestrone che riscalda, del cavolfiore gratinato per i più restii nel consumo di questo tipo di cucina, oltretutto anche avendo poco tempo praticamente tutte le verdure possono essere cotte al vapore quindi con poco dispendio di tempo e preservando al tempo stesso tutti i minerali e le vitamine così importanti per il nostro fisico.


Cominciamo dal principio comunque, le prime indicazioni riguardo l'esistenza degli ortaggi risalgono addirittura a 5000 anni fa in pieno Neolitico, periodo in cui sono iniziati a esistere i primi orti. Oggi è uso comune trovare verdure tutto l'anno senze distinzione di stagione e quindi nessuno di noi ci fà più caso, fortunatamente però questa tendenza sta andando piano piano limitandosi e sempre più persone scelgono prodotti di stagione rigorosamente freschi e magari a km 0 acquistati direttamente dal produttore per avere ancora maggiore sicurezza riguardo la freschezza e la sicurezza del consumato oltre che un toccasana per i portafogli di tutti, del cliente che risparmia acquistando direttamente alla fonte e il produttore che guadagna di più non avendo costi di filiera.

Noi spesso usiamo indifferentemente il termine ortaggio e verdura come se si trattasse della stessa cosa, in realtà on è così, gli ortaggi sono prodotti da orto mentre la verdura è definita come parte commestibile di una pianta, a loro volta poi gli ortaggi si dividono in ortaggli a frutto, ortaggi a fiore, ortaggi da seme, ortaggi da fusto, ortaggi da radice, ortaggi da tubero, ortaggi da bulbo, ecco che come si noterà la scelta di un'ortaggio non è banale come si può pensare in un primo momento sopratutto se deve essere una scelta consapevole, ma qui forse possiamo venirvi in aiuto con alcune semplici regole di base.

Nella scelta dell'ortaggio bisogna fondamentalmente basarsi sulle sensazioni che ci da dal punto di vista sensoriale, la prima verifica è visiva, se l'aspetto è buono, i colori sono vivi e brillanti senza parti mollicce e muffe completamente integro e senza segni di parassiti possiamo passare oltre. Controlliamo la stagione  e la provenienza scegliendo quella il più possibile prodotta vicino a noi e di stagione, che è di per se garanzia di freschezza, evitiamo i produttori che fanno uso di pesticidi e ricordiamo sempre che anche se lavata le tracce di queste sostanze possono essere state assorbite dall'ortaggio e quindi poi da noi consumate.

Una volta fatto il nostro acquisto responsabile ci si trova a tavola e qui è opportuno ricordare un paio di regole base, gli ortaggi crudi sono i migliori perché conservano al massimo i principi nutritivi di cui sono portatori, certo a volte non si può evitare di cuocerli e in questo caso la cottura a vapore è la migliore così da non disperdere sali e vitamine nell'acqua di cottura e ad ogni modo è importantissimo non cuocerla per tempi lunghissimi ma solo il minimo indispensabile, lo stesso discorso vale per la bollitura (qui usando poca acqua possiamo limitare la dispersione delle sostanze nutritive), e la cottura alla griglia. Non accenniamo neppure alle fritture che sono devastanti dal punto di vista dietetico e della tenuta delle sostanze nutritive.

Negli ultimi tempi alcuni produttori locali poi si sono organizzati per venire incontro alle necessità di chi per tempo, voglia o competenza non se la sente di autonomamente gestire i controlli che abbiamo indicato in questo articolo e quindi hanno costituito delle “bancarelle virtuali” dove trovare ortaggi di stagione e verdure organiche, prodotti legati al territorio con consegna a domicilio e un servizio di consulenza tramite indicazioni su ricette, oppure consigli e curiosità sull'utilizzo in cucina e non solo di quanto acquistato.


Informazioni sull'Autore

 Alessandro Vezzani Idra Tecnologie Informatiche -  Ortoclick by l'Orto in Casa

 Fonte: Article-Marketing.it

Come fare un buon caffé

A prima mattina, a metà giornata, la sera prima di andare a dormire, durante una pausa a lavoro: il caffè è il classico modo per prendersi un break, staccare con il mondo, con la quotidianità e rilassarsi sorseggiando da una tazza calda e profumata in compagnia degli amici, con i colleghi di lavoro o anche in solitudine. Il caffè nel medioevo era considerato una sorta di medicinale, vediamo dunque qualche cenno storico.

Il caffè nella storia

A farlo arrivare in Europa erano stati i Turchi nei primi anni del Settecento. I turchi assediarono la città di Vienna e come spesso accade in momenti di guerra, con la drammaticità della situazione, avvengono anche scambi importanti di usi e tradizioni dei popoli protagonisti. Ed è proprio per questo che Mozart, pochi anni dopo la guerra, alla corte di Vienna beveva già il caffè alla turca. Non ci volle molto per far diffondere l'usanza del caffè in tutta Europa: poco dopo fu grazie ai matrimoni delle figlie dell’imperatore d’Austria che il caffè entrò a far parte della società in tutto e per tutto. Sia Maria Antonietta in Francia che la sorella Maria Carolina alla corte dei Borbone a Napoli, utilizzavano il caffè per rafforzare l'organismo e lo utilizzavano come strumento di socialità.

Prima diventò una bevanda borghese per poi arrivare ad essere popolare soprattutto a Napoli. Oggi il caffè è il vero simbolo della città partenopea, al pari della pizza e della sfogliatella. Chi pensa che il caffè è una bevanda come tutte le altre sbaglia di grosso: al suo interno sono presenti ben 1500 sostanze chimiche, 800 volatili. Per ottenere un caffè buono, bisogna conoscere dettagliatamente ogni fase di produzione ed avere una grande passione per il prodotto, pensando sempre al soddisfacimento del cliente finale, il consumatore. Tutti sappiamo che nel caffè c'è la caffeina ma nessuno sa che questa sostanza è una delle più farmacologicamente attiva e maggiormente utilizzata in tutto il mondo. Questa sostanza non è contenuta solo nel caffè ma anche in altri cibi ed elementi, come il cacao.

Questa sostanza ha degli indubbi benefici: riesce a migliorare l'attività celebrale, allontana la stanchezza e aumenta la resistenza fisica. Aiuta ad avere la giusta energia da mettere ad inizio giornata, necessaria per far partire una giornata lavorativa o di studio.

Alcuni studi hanno anche scoperto che il caffè ha un alto contenuto di antiossidanti, ottime per prevenire alcune gravi patologie come il diabete di tipo 2, l’Alzheimer e il morbo di Parkinson.

Ma come si fa un buon caffè?

Le regole per fare un caffè con la C maiuscola sono davvero poche ma che riescono completamente a cambiare il sapore e il gusto della nostra bevanda.

Prima di tutto bisogna scegliere la miscela giusta, di qualità che deve essere conservata in un recipiente chiuso, lontana da cibi che emanano forti odori che potrebbero comprometterne l'aroma.

L'acqua deve essere fresca e mai più di quella indicata (con l'apposito segno) all'interno della caffettiera.

Mettere non più di tre cucchiaini di caffè, formando una specie di cunetta, chiudere la macchinetta e lasciare sul fuoco a fiamma bassissima.

Più tempo ci vuole per far uscire il caffè e più questo sarà davvero ottimo.

Quando il caffè inizia ad uscire, bisogna alzare il coperchio, evitando che la condensa del vapore cade nel bricco. Inoltre è importante togliere la caffettiera dal fuoco prima che il caffè sia completamente uscito.

Attenzione a non lasciar bollire il caffè sul fuoco.

Un altro consiglio è quello di creare una cremina mettendo dello zucchero in una tazzina di caffè e versarne un goccio, agitando con forza fino, appunto, a creare una crema abbastanza densa.

Una volta uscito il caffè, versatelo nella tazzina con la cremina, il risultato sarà davvero ottimo.


Informazioni sull'Autore 

Antonio Manca Direttore di www.cialdemania.it Vendita di cialde Borbone e capsule Borbone 

Fonte: Article-Marketing.it

Coloranti alimentari e loro utilizza

Funzioni principali dei coloranti alimentari per il loro corretto utilizzo

La tendenza degli ultimi anni ha portato tantissime pasticcere o aspiranti cake designer ad utilizzare sempre di più i coloranti alimentari ma è importante capire quali scegliere e come usarli? Ce ne sono di varie tipologie ed ogni tipo di colorante ha la sua peculiarità e va utilizzato nello specifico. Il mondo dei coloranti alimentari è molto vasto e scegliere la tipologia più adeguata al composto da decorare è alla base della tecnica per ottenere un risultato finale perfetto e creativo.

I pennarelli alimentari sono sicuramente la base da cui partire, per la loro semplicità di utilizzo, esattamente uguale a quelli usati per scrivere o disegnare. Questo tipo di strumento permette di creare messaggi sulle torte, di definire contorni di immagini o di fare disegni su biscotti e altre superfici dure.

Per ottenere un effetto luminoso, per tutte quelle preparazioni di torte o dolci in cui la necessità è quella di rendere una luce argentata oppure dorata e con un delizioso effetto satin, la scelta cade sui coloranti perlati. Il mercato li fornisce in polvere e si possono dosare direttamente nell'impasto oppure in diluizione con alcool per creare delle vere e proprie colorazioni tipo pittura da gestire poi con il pennello.

I coloranti liquidi sono quelli classici, si adattano a composti come la pasta di zucchero e la glassa reale e sono indispensabili per l'airbrush, ossia l'aerografo da pasticceria. Si dosano goccia per goccia, definendo man mano la gradazione di cui si ha bisogno, ma è necessario fare attenzione nell'utilizzare il nero, il rosso e il blu, perché eccedendo si può rendere la pasta troppo morbida.

I coloranti alimentari in gel sono molto concentrati e si devono dosare aggiungendoli con molta attenzione, a meno che non vogliamo colorazioni vivaci, allegre e intense, adatte alle torte per feste di compleanno dei bambini. Il miglior colorante per fondente, pasta di gomma e marzapane è quello in pasta, che si aggiunge al composto con cui si amalgama, con il vantaggio di donare anche un effetto di morbidezza.

Una grande versatilità di utilizzo è garantita dai coloranti alimentari in polvere, ideali per dare un effetto realistico ad immagini elaborate, come i petali dei fiori. Utilizzati direttamente nel composto regalano un colore omogeneo, mentre diluiti con alcool e spennellati permettono di ottenere un effetto vernice. È possibile giocare con le sfumature usandoli a secco e distribuendoli con un pennello.

Quando ci si approccia verso una nuova esperienza è importante avere una breve infarinatura giusto per partire con il piede giusto. Solo con la sperimentazione si otterranno i risultati migliori.


Informazioni sull'Autore 

Stefania Guarnati web master per Zucchero e Vaniglia ed appassionata di pasticceria. Tiene un piccolo blog dedicato alla raccolta di ricette di famiglia chiamato Bottega Bignè www.bottegabigne.it

 Fonte: Article-Marketing.it

Verdure: una dieta bilanciata a casa tua

Da sempre i nutrizionisti privilegiano e decantano la "dieta mediterranea" perché basata su alimenti naturali, con il tempo e le sempre maggiori acquisizioni sulla nutrizione è stato confermato una volta di più che frutta e verdura contengono non solo elementi nutritivi ma anche fattori protettivi legati al colore.


Proprio a seguito di una campagna comunicativa costante che continua tuttora da anni, tutti sanno che frutta e verdura sono alla base della salute ma pochi sanno il perché.

Le proprietà salutistiche sono dovute alla forte presenta di acqua, vitamine, sali minerali, zuccheri, fibre e composti chiamati phytochemicals; queste sono le sostanze che conferiscono a verdura e frutta il proprio colore e sono decisivi per l'azione di protezione nei confronti del nostro corpo, ognuno di essi possiede una specifica composizione per questo i nutrizionisti consigliano sempre nel cibarsene la maggiore varietà possibile, in modo di ingerire un mix di tutte le sostanze necessarie per sopperire alle necessità del nostro fisico.

Riuscendo ad avere un consumo variegato di tutti i tipi di frutta e verdura associati a uno stile di vita non sedentario è dimostrato da vari studi che è possibile ridurre di un terzo il rischio di tumori oltre mantenere nel tempo un soddisfacente benessere fisico e mentale.

Vediamo ora i principali componenti della "salute" che frutta e verdura portano in dote:

Acqua

Il 70% del nostro corpo è costituito da acqua, essa è alla base dei principali processi che ci consento di vivere a partire dalla riproduzione cellulare, ecco perché i medici consigliano di bere almeno un litro di acqua al giorno senza scordarsi mai dell'importante apporto dato da frutta e verdura.

Potassio e Sodio

In particolare per chi soffre di patologie cardiovascolari o ipertensione è particolarmente indicato un apporto di potassio di cui sono appunto ricchi frutta e verdura.

Fibre

Le fibre favoriscono l'eliminazione delle sostanze nocive e favoriscono l'abbassamento del colesterolo, inoltre procurano una sensazione di sazietà e regolano le funzioni intestinali.

Vitamine

Le vitamine sono fondamentali per la vista e le ossa molte hanno un potere antiossidante e quindi combattono l'invecchiamento. In aggiunta svolgono svariati ruoli nel metabolismo contribuendo a utilizzare l'energia fornita dai nutrienti come carboidrati, proteine e grassi.

Phytochemicals

I polifenoli, le antocianine, i carotenoidi e le clorofille, sono i principali phytochemicals di frutta e verdura e proteggono l'organismo, riducendo il rischio di tumori, di patologie cardiovascolari, diabete e ipercolesterolemia.

Minerali

I minerali sono parte degli enzimi che costituiscono la struttura delle cellule, regolandone le funzioni.

Un altro elemento fondamentale nella nutrizione è anche la sicurezza della non-contaminazione con sostanze chimiche, questo garantisce la freschezza e l'integrità di tutti i componenti che prima abbiamo indicato come decisivi per la nostra salute.

Gli alimenti di completa origine naturale senza aggiunta di elementi chimici è provato che siano oltre che più nutrienti anche più piacevoli al palato, proprio per questo è sempre maggiormente diffusa la consegna a domicilio di verdure, da qualche tempo sono attivi servizi che sulla base della filosofia del km0 si occupano di recapitare fino a casa cassette di verdure rigorosamente di stagione ogni settimana.

L'adesione a questi servizi è semplice e i parametri per valutare il miglior servizio sono alla portata di chiunque:

  • L'azienda deve essere vicina per evitare trasporti troppo lunghi,
  • scegliere produttori che offrono certificazioni o la possibilità di tour guidati dei siti di coltivazione,
  • possibilità di indicare i prodotti che non vanno consegnati per allergie o intolleranze.

Una volta scelto il nostro produttore ideale non ci mancherà altro che attendere la nostra cassetta di verdura di stagione a casa!


Informazioni sull'Autore 

Massimo Prando Idra Tecnologie Informatiche

 Fonte: Article-Marketing.it

Pasta artigianale al Kamut: parliamo dei Fusilli

Pasta artigianale al Kamut. Il Kamut sta diventando sempre più noto fra gli amanti dell'agricoltura biologica e tradizionale, anche e soprattutto nell'ambito delle paste artigianali: è oggetto di studi, elemento basilare per diete dimagranti e fulcro nutritivo degli sportivi; è nominato, decantato, le sue origini si perdono quasi nella leggenda... ma che cos'è, in definitiva, la pasta al Kamut? E quali sono le sue declinazioni più fortunate?

Quello che in molti non sanno è che "Kamut" è, prima di tutto, il marchio registrato di una società statunitense con sede nel Montana. Il proposito che la società madre innalza a vessillo è quello di difendere una particolare varietà di grano di origine antica, dalle notevoli e specifiche proprietà nutritive e risultato di agricoltura biologica mai incrociata nè ibridata.

Chiunque voglia commercializzare pasta artigianale al Kamut, infatti, deve stipulare un contratto con la società statunitense e ricevere gratuitamente una licenza vincolante all'uso di particolari accortezze: utilizzare esclusivamente grano selezionato della varietà khorasan, coltivato biologicamente e mai contaminato, contenente un range preciso di proteine e selenio.

Fra storia e Leggenda. Nel 1949 Earl Dedman, aviatore americano, reperì in Egitto 32 grandi chicchi di una particolare varietà di grano e li spedì al padre in Montana: da qui l'inizio della leggenda. Tutt'oggi perdura come parte dell'immaginario comune l'idea che questi chicchi siano stati prelevati da una tomba faraonica e "risvegliati" dopo millenni di riposo. Nelle prime fiere del Montana, infatti, il cereale era promosso come "Grano del Faraone Tut" e lo stesso nome "Kamut" deriva dall'ideogramma geroglifico che sta per "grano". Più plausibilmente, invece, i chicchi furono portati in Egitto da un mercante ambulante di provenienza iraniana, come iraniano è il nome "khorasan", che ne designa la varietà.
Dopo vicende alterne e diversi tentativi di commercializzazione è fra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 che il Kamut inizia ad essere veramente conosciuto ed apprezzato, anche nell'ambito della pasta artigianale.
Una serie di studi ne riconoscono le proprietà energetiche ed antiossidanti e i consumatori cominciano a rivalutare il tipo di agricoltura biologica e garantita dalla quale nasce.

E la pasta artigianale al Kamut oggi? Oggi il Kamut costituisce l'anima di miglialia di prodotti commercializzati in tutto il mondo: pasta artigianale ed industriale soprattutto, ma anche pane, pasticceria, crackers, snack, cereali, caffè, birra, bevande...

Ciò che senza dubbio resta consigliabile da parte dei nutrizionisti, per beneficiare di tutte le caratteristiche di questo particolare cereale, è affidarsi a prodotti artigianali certificati.

Prodotto esemplare, fra tanti, può essere la Pasta Artigianale al Kamut, in particolar modo il Fusillo.

Perchè proprio il Fusillo al Kamut? Quale prodotto potrebbe meglio rappresentare la tradizione enogastronomica mediterranea ed in particolar modo quella italiana?

La pasta artigianale al kamut, si sa, conserva in maniera ottimale i principi nutritivi e le caratteristiche del grano, ancor di più se quello in questione è appunto il ricco khorasan. I fusilli, infine, per la loro tipica forma (il nome deriva dal fuso delle filatrici a cui in origine venivano attorcigliati), sono in grado di trattenere al meglio ogni tipo di condimento.

Il Fusillo al Kamut è tanto apprezzato da essere perfino oggetto di concorsi e premi culinari prestigiosi, come quello indetto di recente dalla rivista italiana Gambero Rosso. All'interno di una selezione tra alcuni prodotti dei migliori pastifici italiani primi sono risultati i fusilli al kamut di un pastificio toscano, Morelli.

I posti migliori in cui provare il fusillo al kamut artigianale restano i ristoranti tradizionali, le botteghe specializzate e, in maniera più pratica, i portali e siti di e-commerce dedicati al prodotto tipico.


Informazioni sull'Autore

 Valentina Orlandini http://www.pastamorelli.it 

Fonte: Article-Marketing.it

Prosciutto di Parma: conoscerlo per apprezzarlo

Per fare il vero Prosciutto di Parma non esistono trucchi né inganni. Solo carne suina 100% italiana e un pizzico di sale. Gli ingredienti sono tutti qui, non serve altro, né nitrati né nitriti. Dietro al successo del Prosciutto di Parma DOP, però, si nasconde dell’altro. Anzitutto, la tradizione e la passione per le cose fatte bene.

Il Prosciutto di Parma si fa a mano da secoli. Le sue origini si perdono fra le pagine della Storia: pare che già ai tempi di Annibale, circa 2.200 anni fa, a Parma fosse conosciuta la pratica di salare le cosce suine per conservare la carne. Da allora a oggi, la lavorazione del Prosciutto di Parma è rimasta la stessa. La stessa cura per la scelta della materia prima: alla produzione del crudo di Parma sono ammesse solo le cosce di maiali allevati nel Nord e nel Centro Italia, solitamente di razze Large White e Landrace. Tutta la lavorazione avviene a mano, senza l’ausilio di alcuna macchina automatizzata. Solo il norcino più esperto sa come tagliare la carne e donarle la giusta forma. Anche la salatura avviene a mano e, anche in questo caso, solo poche persone conoscono la corretta dose della salatura, che deve essere realizzata a regola d’arte.

Per evitare un asciugamento troppo rapido della carne, dopo la salagione il prosciutto passa alla fase della sugnatura: la sugna è un impasto di grasso suino macinato con del sale e del pepe, del tutto naturale, assolutamente privo di conservanti e additivi chimici. A questo punto, il prosciutto è pronto per la stagionatura. La stagionatura minima del Prosciutto di Parma è di 12 mesi, così come prescrive il disciplinare produttivo del Consorzio del Prosciutto di Parma. In commercio, ovviamente, si trovano prosciutti stagionati più a lungo, anche 24 o 30 mesi.

Trascorso il tempo della stagionatura, ogni prosciutto viene attentamente valutato dagli Ispettori dell’Istituto Parma Qualità. Solo se rispetta tutte le caratteristiche stabilite dal disciplinare di produzione, il salume può fregiarsi del nome di Prosciutto di Parma DOP e della corona a 5 punte, il marchio del Consorzio che certifica la qualità e la dolcezza del prodotto.

Nei negozi di gastronomia e sugli scaffali dei supermercati puoi trovare il Prosciutto di Parma DOP già affettato e confezionato nella vaschetta salva freschezza. Ma per risparmiare veramente, soprattutto se la tua famiglia è numerosa, conviene acquistare un Prosciutto di Parma intero o un suo trancio - in commercio trovi anche porzioni di prosciutto già disossate, pronte da affettare.

Per tagliare il Prosciutto di Parma puoi servirti dell’affettatrice. Libera dalla cotenna il salume, rifila a piacere le eventuali parti di grasso in eccesso e inizia a tagliare delle belle fette, né troppo spesse né troppo sottili. Il giusto spessore è quello di un foglio di carta, ideale per far sciogliere il prosciutto al palato. Un consiglio? Non eliminare mai del tutto la parte grassa del prosciutto: la parte bianca del salume è preziosa perché conferisce al salume quella dolcezza per cui il Prosciutto di Parma è famoso in tutto il mondo. In estate, il Prosciutto di Parma è eccellente con il melone, con i fichi o con i frutti esotici. Se cerchi un abbinamento sorprendente, provalo con l’ananas. Buon appetito!


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Diego Dalla Costa, Web marketing specialist presso KosmoSol per ParmaShop. 

Fonte: Article-Marketing.it

L'aglio e l'origano selvatici

Il vero sapore, a tavola, impone una attenzione ed una ricerca certosina anche di quei piccoli ingredienti e particolari che riservano quel qualcosa in più a tutte le preparazioni, in cucina. Bazzecole, pensiamo a prima vista, in realtà vere e proprie perle di gusto, che regalano un sapore di “tempi andati” ad ogni pietanza, specie ai giorni nostri nei quali siamo abituati ad una alimentazione quasi piatta ed insignificante, presi come siamo dal corri e fuggi quotidiano… anche a tavola!

Una ragione validissima che qualche sito di prodotti tipici calabresi ha adeguatamente considerato, riservando ai propri utenti alcune di queste chicche di una spanna decisamente più in su rispetto a quanto si riesce ad acquistare comunemente nel commercio ordinario.

Ecco, ad esempio, l’aglio calabrese: bulbi di colore bianco con venature tendenti al rosa, che si qualifica come uno dei migliori in assoluto in commercio, specie se paragonato a quello proveniente dall’est Europa, magari più economico, sì… ma praticamente insipido.

Saranno le caratteristiche intrinseche del terreno della regione, il fatto che viene coltivato, raccolto e preservato in maniera assolutamente tradizionale (estirpato a giusta maturazione dai campi, essiccato e conservato in ambienti freschi ed asciutti, si da poter mantenere il suo gusto per i periodi a venire) ed altre infinite ragioni che lo rendono unico ed esclusivo nel palato.Obietterete “ma l’aglio non ha un buon odore”; chi sa di cucina racconta che se viene usato cotto lascia solo il suo aroma alle pietanze, e nulla più! Ove invece, e per una qualunque ragione, lo si usi crudo, basta poi masticare foglie di prezzemolo o di menta…o ancora qualche chicco di caffè, ed il pericolo “alito cattivo” è decisamente ridimensionato.

Altro ineguagliabile aroma che la cucina calabrese riserva ai suoi tanti estimatori è rappresentato dall’origano selvatico che viene raccolto nelle colline della pre-sila, in genere tra la primavera e l’estate, allorquando la fioritura è al “top”; viene poi assemblato a mazzetti ed essiccato tassativamente all’ombra (il sole potrebbe essere pregiudizievole, in tal senso!) dopodiché basta sbatacchiarlo su di un panno, sì da raccoglierne l’essenza che regala il suo odore e profumo già nei primi istanti: se lo si vuol conservare per più tempo (specie per gli usi di cucina a valenza “invernale”) è sufficiente tenerlo in contenitori di vetro ben sigillati.

Ed eccolo qui, pronto a regalare la suamagica fragranza ed aroma ad insalate, salse, bruschette, carne, pesce e molti tipi di pietanze tipiche meridionali: ce ne sarete infinitamente grati per avervene suggerito l’esistenza.…perché di pari gusto, in giro, ne troverete ben pochi!


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Giorgio Candia www.saporidellasibaritide.it 

Fonte: Article-Marketing.it

Quelle accattivanti marmellatine calabresi!!

Cedro, bergamotto e kiwi della Calabria: un trio di frutti dell’agricoltura regionale che riesce a strabiliare, con sapore, nei suoi vari utilizzi della gastronomia regionale. Vediamo un po’…


Il cedro è essenzialmente un agrume coltivato un po’ in tutta la regione, in particolare nel tratto tirrenico della provincia di Cosenza (in particolare nella zona denominata appunto “Riviera dei Cedri”) sposandosi alla perfezione con un habitat naturale, caratterizzato da un microclima ideale per via delle temperature miti durante tutto l'anno e senza particolari escursioni termiche. Il cedro, infatti, è una pianta mediterranea che non preferisce i venti freddi provenienti da nord e le temperature rigide. I terreni ideali per una coltivazione ottimale sono quelli di argilla calcarea mista a sabbia e humus, con presenza di azoto e potassio, propri della Calabria.

Si tratta di un arbusto che arriva sino ai 4 metri di altezza, con fiori profumatissimi dal colore rossastro verso l’esterno e bianchi nell’interno, frutto ovoidale dalla buccia ruvida e spessa che costituisce il 70% circa della massa totale.

Il suo succo viene utilizzato dall'industria alimentare, per ottenerne bibite analcoliche, frutta candita, liquori, ecc: ma è nell’arte pasticceria che offre il meglio di sé, considerando le peculiarità ed il gusto che regala nelle creme per dolci e nei prodotti tipici della regione.

Il bergamotto rappresenta una ulteriore eccellenza della produzione agricola della regione, anch’esso un agrume dal frutto a forma sferica di colore giallastro, con fioritura nei mesi invernali. L’habitat ideale di produzione è il reggino, sotto l’Aspromonte in particolare, a cavallo in pratica tra il Tirreno e lo Ionio.

L’essenza che se ne ottiene garantisce una discreta imprenditorialità agricola della zona: ne è ben noto in Italia oltre che all’estero, infatti, l’uso nella industria profumiera, visto che i suoi 300 e più componenti chimici e l’olio essenziale “fissano” il bouquet aromatico dei profumi, esaltandone la freschezza e la fragranza; così come riconosciuto è il suo utilizzo nell’industria farmaceutica, per il potere antisettico ed antibatterico del frutto.

Ciononostante non dimentica quella che è la sua “mission”principale: trattandosi di un agrume, viene largamente usato nell’industria alimentare e dolciaria come aromatizzante di liquori, the, caramelle, canditi, ecc.

Il kiwi è una pianta da frutto che originariamente nasce in Cina, ma che fu portata in Nuova Zelanda all'inizio del secolo scorso: fu proprio qui che prese questo curioso nome, per via della somiglianza con l'omonimo volatile. Una quarantina di anni fa se ne sperimentò l’impianto in Italia e grazie ad una buona domanda da parte dei consumatori ben presto la produzione nazionale raggiunse dimensioni considerevoli, affrancandosi come il maggior produttore a livello mondiale.

La Calabria, grazie al suo clima caldo-umido ed alle caratteristiche strutturali dei terreni, consente un buon rapporto della pianta con l'ambiente, “elevando” così la regione quale la maggior produttrice nazionale: il kiwi calabrese, infatti, è considerato tra i migliori al mondo per qualità organolettiche, da alcuni ritenuto superiore anche a quello neozelandese.

Oltre a zuccheri semplici, sali minerali e fibre il kiwi contiene la massima quantità di vitamina C (dunque consigliato contro le malattie da raffreddamento), un notevole apporto di vitamina PP, di vitamine del gruppo B e di minerali come il calcio, il fosforo, il magnesio, il sodio, ma soprattutto il potassio con le relative funzioni equilibratrici sul cuore.

Se queste sono le caratteristiche intrinseche di questi tre frutti prodotti in regione, anche i suoi derivati ed elaborati non possono essere da meno: come, ad esempio, le relative marmellate e confetture acquistabili su portali di prodotti tipici calabresi.

Le qualità proprie di queste delizie del gusto sono facilmente desumibili dalla relativa etichetta: vengono infatti preparate sempre e comunque nel segno dell'artigianalità, della tradizione e della bontà; lavorando solo frutta coltivata tassativamente nelle campagne calabresi; nessun utilizzo di conservanti ("proprio come si faceva una volta", in pratica) e, soprattutto, un contenuto di frutta da "strabiliare" (80/82%)... praticamente il non-plus-ultra!

Aprite un attimo la vostra dispensa e provate ad indagare nelle etichette di quelle che avete in casa: non troverete più del 40/50% di frutta contenuta.… siamo disposti ad accettare scommesse!


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 Giorgio Candia http://www.saporidellasibaritide.it   - Corigliano (Cs) 

Fonte: Article-Marketing.it

La dieta crudista

Il crudismo è ormai una moda che impazza soprattutto tra i divi americani. Non rappresenta solo uno stile alimentare ma una reale corrente di pensiero.

Come si può dedurre dal titolo la dieta crudista è fondata principalmente su cibi crudi.

Ma come mai non cuocere i cibi?

I crudisti credono che il cibo cotto sia un alimento morto privo degli enzimi e nutrienti occorrenti alla salute del corpo umano. Il corpo infatti ingerendo cibi non crudi produce più enzimi necessari alla digestione e spende molte più forze, mentre mangiare cibi crudi dona al fisico i principi attivi integri non alterati dalla cottura.

Il cibo cotto in realtà non è sicuramente un veleno ma una sempre più intensa esposizione alle tossine che danneggiano il nostro corpo rendendoci più deboli alle malattie.

Ma come si fa a mangiare cibi crudi?

Per la verità i cibi non sono del tutto crudi, possono essere cotti solo a meno di 50° centigradi, temperatura che rende inalterati i pregi dei cibi crudi.

Del crudismo sono presenti più varianti, ci sono più varianti, analizziamole nello specifico.

 

  • Dieta crudista vegetariana. Si ingerisce maggiormente frutta e verdura non cotto, si esclude la carne ma si accettano latte, uova e derivati, naturalmente formaggi non pastorizzati.
  • Crudismo vegano. Più estremo di quello vegetariano, non sono previste uova, latte e derivati, incluso qualsiasi tipologia di formaggi.
  • Crudismo onnivoro. Si mangia di tutto, naturalmente non cotto. La carne e il pesce si ingeriscono attraverso tartare o carpacci.
  • Raw paleolithic diet. Una versione molto estrema del crudismo. I fedelissimi di tale dieta consumano quello che consumavano gli uomini preistorici, quindi bacche, frutta e carni non cotti. Anche i cereali (prodotti di un processo meccanico o agricolo) non sono compresi.

 

Gli alimenti più consumati dai crudisti sono: frutta e verdura, uova, frutta secca, semi, cereali, carne e pesce, il tutto non cotto. Ma ci sono anche i cosiddetti “supercibi” molto amati dai crudisti. Sono il polline e le bacche, ricchi di nutrienti essenziali.

La dieta crudista oltre a rappresentare una moda diffusissima è pure un metodo di dimagrimento, senza il consumo di grassi pertanto il dimagrimento è istantaneo. Inoltre questo regime è uno stile di vita a tutti gli effetti, sapere di abbracciarlo per una scelta etica agevola la sopportazione anzi molte persone che hanno scelto il crudismo dichiarano di avere ritrovato salute e fascino e di essere a proprio agio con la natura.


Informazioni sull'Autore 

Luca Lacasella 

Fonte: Article-Marketing.it

Spezie per liquori e distillati

L'uso delle spezie per la preparazione di liquori e distillati è una pratica che in Europa risale fino al medioevo.

Questa tradizione è arrivata sino ad oggi e in Italia, un po' in tutte le regioni, è un costume comune servire un amaro di erbe a fine pasto, per favorire la digestione.

Quando parliamo di questi preparati alcolici li chiamiamo genericamente con il termine liquori. In realtà c'è differenza con i distillati. Questi ultimi sono chiamati anche acquaviti e si tratta di bevande ottenute tramite distillazione in alambicco di mosti fermentati di frutta o alcool di cereali, arricchiti con bacche di ginepro e altre erbe officinali.
I liquori propriamente detti, invece, sono ottenuti a caldo tramite infusioni o a freddo tramite macerazione, di sostanze aromatiche, erba o frutto in sciroppo alcolico.
Fra le spezie per liquori e distillati più utilizzate in Italia troviamo la scorza di arancia, le bacche di ginepro, foglie di alloro, anice stellato.

Per digerire è ottimo il liquore al basilico, che si prepara facilmente anche in casa.
Sono necessari:

  • 60 gr di basilico in foglie,
  • un litro d'acqua,
  • 550 gr di zucchero,
  • scorza di limone,
  • 5 dl di alcool puro a 95°.

Mescola acqua e zucchero in un pentolino caldo, facendo sciogliere bene lo zucchero; versa il composto un barattolo con il tappo e aggiungi basilico e alcool. Grattugia due limoni grandi e aggiungi anche la scorza al composto.
Chiudi il contenitore e lascialo riposare in un luogo fresco, al buio, agitando il contenuto per due volte al giorno.
Dopo 10 giorni filtra il liquido con un colino e imbottiglialo.
Un bicchierino alla fine di un pasto particolarmente pesante, senza esagerare con le dosi, è un buon coadiuvante della digestione, grazie alle proprietà del basilico.


Informazioni sull'Autore

 Federico Elboni

 Fonte: Article-Marketing.it

Formaggi Tipici Lucani

Tra i prodotti tipici lucani, spicca tra i formaggi il Canestrato di Moliterno IGP. Nasce a Moliterno, un piccolo paese della Val d'Agri, la tradizione di stagionare il formaggio ovi-caprino in caratteristici locali chiamati "fondaci". È questo il tratto peculiare della produzione del Canestrato di Moliterno, l'unico formaggio in Italia a fregiarsi del marchio IGP, ottenuto lo scorso 22 maggio.

Il fondaco è un ambiente molto fresco e ben areato dove vari fattori contribuiscono alla formazione del microclima ideale per questo prodotto. Il latte proviene da allevamenti ovini e caprini di 46 comuni della provincia di Potenza e di 14 della provincia di Matera, per un totale di 60 comuni. Un territorio vasto e ricco di pascoli, dove le greggi trovano essenze erbacee pregiate. Il latte utilizzato per il Canestrato deve essere per almeno il 70% di pecora e il 10% di capra. Durante la stagionatura, che dura almeno 30 giorni, il pecorino va asciugato, ripulito e rivoltato, e può essere trattato con olio. A seconda della durata del periodo di stagionatura, il Canestrato viene classificato come primitivo fino a 6 mesi, stagionato da 6 a 12 mesi oppure extra oltre i 12 mesi. ha un sapore equilibrato, sapido e leggermente piccante se molto stagionato.

Oltre ad una vasta gamma di formaggi caprini, caciocavallo, manteca e latticini freschi, il cacioricotta è certamente un altro dei formaggi di cui approfondire la conoscenza.

Tipico del periodo estivo, quando le pecore vanno in asciutta, il Cacioricotta lucano è prodotto principalmente con il latte di capre allevate al pascolo. Si consuma fresco dopo 20 giorni di stagionatura; se si protrae ulteriormente si ottiene un prodotto duro da grattugia, ottimo per esempio su una pasta al pomodoro fresco.
Il Cacioricotta fresco ha una colorazione bianco avorio, pasta morbida e compatta con occhiatura fine ed uniforme; il sapore è leggermente piccante.


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Giuseppe Carlucci

Fonte: Article-Marketing.it

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sab 16 mag 2020
S. Ubaldo vescovo
20.ma sett.136° giorno del 2020 229 giorni alla fine del 2020

Zodiaco

toro

Fase: gibbosa calante

Etá: 18 gg.

accadde oggi:
1974 - A Milano viene arrestato Luciano Liggio, mafioso siciliano detto la Primula Rossa, per la seconda volta: non uscirà più di prigione
Nati oggi:
Rosario Fiorello
Janet Jackson
Mario Monicelli
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